Cosa provoca un Trauma psicologico?

Cosa provoca un Trauma psicologico?

Oggi la parola “trauma” sembra essere diventata molto di moda anche nel linguaggio comune ma attenzione a non usarla in maniera impropria!

Una diagnosi di malattia? Un incidente automobilistico? Un cataclisma? La perdita del lavoro? Una bocciatura scolastica? La fine di una storia sentimentale? Un lutto? Una separazione?

Cosa è trauma? Cosa no?

Attenzione a non fare la corrispondenza: gravità dell’evento –– > trauma.

Eventi apparentemente banali del quotidiano possono essere traumatici e catastrofi oggettive possono non esserlo affatto. Come dice un vecchio adagio terapeutico, tutto può essere Trauma, niente può essere Trauma.

La differenza è nella risposta individuale all’evento, nel significato che ad esso attribuisci, nelle risorse emotive già in tuo possesso che metti tu in campo.

Esiste invece qualcosa che può fare la differenza tra trauma e non trauma.

Che cos’è un Trauma psicologico?

Per spiegarti la differenza tra trauma ed evento negativo nella maniera più immediata e semplice possibile, farò riferimento in questo paragrafo unicamente ai cosiddetti “traumi a T grande”, ossia a quegli eventi singoli fortemente negativi che possono capitare nella vita una volta, mentre non parlerò dei cosiddetti “eventi a t piccolo”, ossia traumi figli di eventi ripetuti a volte anche all’apparenza banali occorsi nella infanzia, spesso con le proprie figure di attaccamento.

Ci sono eventi tristi, dolorosi che quando accadono segnano sicuramente, ma che, mentre accadono, non sono in grado di mandare ko le capacità e le risposte innate di sopravvivenza della tua mente.

Ad esempio, un lutto di un nonno anziano e malato da tempo è un evento sicuramente triste e doloroso ma con minore probabilità diverrà un cosiddetto lutto complesso, ossia un tipo di lutto emotivamente irrisolto anche a distanza di anni perché ha insite qualità di tipo traumatico.
Difficilmente sarà trauma perché la mente ha un cassetto dove collocare quell’evento, che è figlio di una storia lineare: io e il nonno nell’infanzia, io e il nonno che invecchia, il nonno che si ammala, il nonno che muore.

Me lo posso aspettare. Piangerò. Magari gli volevo particolarmente bene, e sarò molto triste. Mi sentirò sola, mi mancherà. Vorrei fosse ancora vivo. Nei primi mesi penserò spesso a lui ed ai bei momenti insieme, o, anche, ai litigi avuti con nostalgia e malinconia. Poi, il tempo, come si suol dire, sarà in grado da sé di aggiustare le cose. Nel corso dei mesi successivi, piano piano, la tristezza acuta ed il dolore si quieteranno da sole. Sono state quelle emozioni necessarie a permetterti di elaborare l’evento, e svaniranno in automatico quando la mente avrà fatto i conti con l’accaduto.

Se questo è effettivamente quello che accade quel lutto non sarà traumatico.

Sarà un evento doloroso che nel tempo potrà mutare in un ricordo triste e verrà inscatolato nei cassetti della memoria assieme ad altri ricordi tristi della tua vita.

Ti faccio ora un secondo esempio.

Sono in macchina in autostrada. È un giorno qualunque. Ascolto la mia musica preferita. Sto andando a lavoro come sempre sulla solita strada. Piove molto. Un camion vicino a me perde il controllo, sbanda, mi taglia la strada. Lo vedo che mi si avvicina, sento il mio piede che freneticamente pigia sul freno, accade tutto in un secondo. I pensieri diventano confusi. Ho una paura terribile, intensa. Per un secondo ho la certezza che morirò. Poi la buona sorte vuole che lui riesca a frenare a pochissima distanza dalla mia macchina. Siamo tutti sani e salvi. Non ci sono danni fisici alle vetture. Ognuno prosegue nella propria giornata.

Nei mesi seguenti però ogni volta che mi metto al volante il mio corpo è teso. Quel percorso faccio una gran fatica a farlo al mattino, tanto che ad un certo punto inizio ad andare a lavoro in treno. Quando guido basta un minimo imprevisto, qualcuno che mi taglia la strada, un pedone frettoloso e le mie risposte emotive diventano ingestibili: inveisco, piango, urlo. Perché? Non lo capisco, non mi è mai successo. I rumori improvvisi, anche sul lavoro, mi fanno saltare. Faccio fatica a concentrarmi, sul lavoro dimentico le cose da fare. Ogni tanto mi sembra di essere scollegato dal mondo attorno a me. Dormo male, faccio incubi, di giorno capita dal nulla che mi tornino in mente il colore del tir, quel pezzo di strada. Non riesco più ad ascoltare quella playlist: come passa in radio quella canzone mi sale un forte senso di nausea, potrei anche vomitare. La tachicardia mi assilla. Saranno i caffè? Lo stress? Il cuore andrà bene, dottore?

Questo è trauma. Anche se non è successo nulla di fatto.

Cosa succede dopo un trauma psicologico?

Dopo un trauma è come se nel cervello e nel corpo restasse accesa la spia “Pericolo!” e non si spegnesse più.

In particolar modo esiste un’area nelle profondità del cervello limbico, ossia quella zona del cervello antica deputata al processamento emotivo, chiamata “amigdala” che è il nostro rivelatore di fumo della paura: la sua accensione indica al corpo tutto di mettersi in stato di allerta per difendersi dal pericolo.

Dopo un trauma è abbastanza tipico dei sopravvissuti restare più in allerta e vedere il mondo esterno come più pericoloso di prima. A differenza di un evento spaventoso ordinario (ad esempio andare a prelevare del denaro al bancomat al buio di sera in una zona poco sicura) in cui l’alzarsi e l’abbassarsi della paura segue l’andamento dell’episodio (si alza per il tempo in cui camminiamo per la strada buia, preleviamo il denaro guardinghi, torniamo alla nostra macchina; si abbassa una volta dentro, quando la macchina è in moto e siamo di nuovo in una zona tranquilla) ed è fisiologicamente necessaria per l’attivazione protettiva di meccanismi ancestrali di autodifesa, nel Trauma il corpo e la mente, che sono stati travolti da un evento rapido, negativo, improvviso ed imprevedibile, è come se restassero bloccati in loop al tempo dell’evento.

Come specie animale che arriva da un passato estremamente pericoloso (predatori, malattie, fame, cataclismi) siamo attrezzati fisiologicamente, grazie ad alcune parti del cervello che lavorano in sinergia con il corpo, a rispondere al pericolo difendendocene. Nel Trauma però questo non riesce ad accadere sia per la portata profondamente negativa dell’evento sia per la rapidità e l’impossibilità di prevederlo.

Nell’evento del mancato incidente di auto di cui sopra, ad esempio, in Terapia non basterà affatto ricordare o parlare dell’evento per rielaborarlo. Anzi. Si è visto negli ultimi anni di ricerca e di lavoro sul Trauma, anche grazie alla sinergia data dalle Neuroscienze, che parlare e basta di questo tipo di eventi (terapia classica di tipo top down, dalla mente al corpo) a differenza degli eventi negativi ordinari, non fa altro che potenziare e rafforzare i sintomi del Trauma.

In Terapia per questo tipo di eventi è necessario affiancare alla classica talking therapy un lavoro cosiddetto bottom up (dal corpo alla mente) di ri-regolazione degli stati somatici e fisiologici disregolati attraverso un lavoro sul corpo. Nel trauma infatti è il corpo il soggetto da tirare per primo dentro la stanza di Terapia perché è quello che serba la maggior parte dei ricordi dell’evento, molto spesso più del cervello stesso che in questo tipo di eventi tende ad essere annebbiato dalla paura. I ricordi del corpo tendono ad essere particolarmente ostinati a cambiare e spesso poco inclini ad essere modificati dalla sola Terapia verbale.

Come guarire da un Trauma psicologico?

Ci sono diverse terapie efficaci. La più nota è senza dubbio l’EMDR che sfruttando alcuni specifici meccanismi di funzionamento cerebrale, tende a permettere all’evento di essere rielaborato. Non dimenticato, certo, ma, grazie all’EMDR, la persona riesce nella stanza di terapia a chiudere il loop psicofisico in cui si trovava a causa del trauma. Non è ipnosi! Un altro approccio a me caro è quello della Terapia Sensomotoria che grazie a tecniche e strumenti di tipo somatico permette al corpo di ritrovare il suo funzionamento ordinario. Come l’EMDR, anche questo tipo di Terapia permette alla persona di chiudere canali fisici ed emotivi rimasti aperti e bloccati al tempo del Trauma.

Se ti riconosci nella seconda descrizione del mio paragrafo di esempio “Cos’è un Trauma” ed è passato più di un mese dall’evento scatenante fermati e chiedi aiuto. Per questo tipo di eventi il tempo non cura le ferite.

Letture utili

Per addetti ai lavori, ma anche per curiosi e per chi vuole leggere un testo considerato il manuale di riferimento sull’argomento, consiglio Il corpo accusa il colpo di B. Van Der Kolk.

Capire e superare il Trauma di C Herbert, F Didonna della Erickson

Psicotraumatologia, del compianto M. Giannantonio. Uno specialista tra i migliori, una persona dalla sensibilità clinica ed umana profonda, un autore particolarmente piacevole da leggere per lo stile semplice ma non banale.

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