“Non m’interessa ciò che fai per vivere. Voglio sapere che cosa ti fa male – e se osi sognare di incontrare il desiderio del tuo cuore. Non m’interessa quanti anni hai. Voglio sapere se rischierai di sembrare un pazzo – per amore – per i tuoi sogni – per l’avventura di essere vivo.”

Oriah Mountain Dreamer

Piacere, sono Agnese Fiorino

Psicologa, Psicoterapeuta, Neuropsicologa

Piacere, sono Agnese Fiorino

Psicologa, Psicoterapeuta, Neuropsicologa

Nel mio lavoro, ascolto spesso persone che si sono dovute confrontare con situazioni dolorose, cambiamenti inaspettati o con l’ineluttabilità di una “fine”, in forma di una relazione, di una malattia, di una perdita. I tanti racconti ascoltati negli anni mi hanno reso chiaro che gli esseri umani, di fronte alle cose che finiscono, vivono molto spesso lo stesso tipo di sofferenza: è il rimpianto di non essersi davvero conosciuti ed ascoltati. Aver costruito una vita che sulla carta era perfetta per gli altri, ma vuota per sé. Avere vissuto per gli altri, ma senza slancio, guidati invece dalla paura del rifiuto e della perdita. Non essere mai usciti da relazioni sbagliate, senza aver nemmeno saputo perché. 

Il senso profondo del mio lavoro, allora, è prima di tutto aiutare le persone che lo desiderano a esplorarsi dentro, perché non è mai troppo tardi per cambiare.

Ho sempre trovato insensibile dire “Segui il tuo cuore” o “Devi amare te stessa/o”, perché da adulti possiamo trovare la nostra strada e muoverci nel mondo solo se non siamo bloccati dalla paura. E possiamo sapere come amarci solo se da bambini abbiamo avuto qualcuno che ci facesse sentire amati per come eravamo. Molto spesso, invece, dentro di noi abbiamo un groviglio di pensieri, emozioni, paure, ansie, sensi di colpa, giudizi e autocritiche che ci fanno sentire sempre più bloccati, disorientati, arresi. 

Ti sembra di riconoscere la sensazione? 

Sappi che non sei sola/o.

 

Cosa c’è nel mio approccio integrato

Di me posso dirti che ho sempre creduto nel potere enorme delle parole, fin da quando da bambina passavo moltissimo tempo a leggere, affascinata dalla forza dei mondi evocati dalla scrittura. Le parole costruiscono la realtà: definiscono identità, schiudono o limitano possibilità, creano visioni e definiscono alcuni scenari piuttosto che altri. È per questo che sono sempre molto attenta alle parole e chiedo di esserlo anche alle persone con cui lavoro, nel momento in cui raccontano se stesse o le cose attorno a sé: verosimilmente molto hanno a che fare con il loro mondo interiore.

 

Da adolescente uno dei miei libri preferiti era Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estes. Ancora oggi devo a quel libro molto di quel che sono ed in cui credo. Ho iniziato a sognare il mio futuro lavorativo oscillando tra Medicina e Psicologia, persa tra una lettura di Jung ed una di Focus. È per questo che appena ventenne mi sono trasferita da Roma a Milano per studiare in una facoltà al passo con la ricerca nelle Neuroscienze e che poi ho scelto un tirocinio nell’ambito della Neuropsicologia clinica che allora, nel 2004, era un settore della psicologia poco noto ma che mi permetteva di coniugare la clinica con la ricerca. Ho continuato ad approfondire la correlazione tra arte terapeutica e scienza biologica con un dottorato di ricerca in Psicobiologia, scegliendo il curriculum di Neuropsicologia.

 

Per tantissimi anni ho passato le mie giornate tra test neuropsicologici da somministrare, referti da scrivere, tirocinanti da supervisionare, caffè con le “amiche colleghe” in pausa pranzo e serate ad uscire tardi dall’ospedale animata dal sacro fuoco della curiosità e della passione. 

 

Per molto tempo sono stata quella. Mi bastava. Mi sentivo piena. Ma l’incanto non è durato per sempre. Negli anni, piano piano, sentivo che iniziava a mancarmi un pezzo. Mancavano gli strumenti per la comprensione dell’altro, quella profonda, quella per cui i test neuropsicologici non bastavano.

In molti colloqui con i pazienti, prima di iniziare i test, mi sentivo senza strumenti per aiutare chi era in balia del dolore di una diagnosi difficile e indesiderata. Dopo aver completato la Scuola di Specializzazione, ho ampliato le mie competenze e integrato il lavoro terapeutico “verbale” con approcci di tipo corporeo: EMDR, Terapia Sensomotoria e Compassion Focused Therapy, che poggiano molto del loro operare sulla Mindfulness (che pur affondando le radici nel buddismo non è un approccio di tipo religioso, ma un modo per imparare a stare nell’esperienza della vita). 

 

Ho continuato a lavorare in ospedale come Neuropsicologa, fino a quando ho dovuto confrontarmi con una crisi profonda: ero insoddisfatta del modo in cui stavo lavorando, non mi sentivo autentica, non sapevo dove volevo andare.

Quella crisi mi ha obbligata a guardare ancora una volta dentro di me, facendo pace con la mia storia: nel mio percorso di psicoterapia, rimanendo in ascolto del dolore nonostante l’umana tendenza a voler scappare da esso, ho iniziato a vedere me stessa in tutte le mie parti.

Ti racconto questo perché credo che nel mio lavoro non si possa davvero riuscire ad affiancare qualcun altro, aiutandolo a guardarsi dentro tollerando le difficoltà e le paure, se quel cammino non lo si è già fatto in prima persona.

Ancora oggi, è la stanza della terapia il luogo a cui mi rivolgo, quando sento che sto girando a vuoto: davanti ad altri occhi gentili ma fermi, che mi aiutano a sentirmi di nuovo padrona di me.

Dal 2022 ho deciso di dedicarmi a tempo pieno all’attività privata come Psicoterapeuta e Neuropsicologa, continuando ad approfondire il mio approccio integrato.

In questi anni non ho mai rimpianto la crisi di tanti anni fa. 

Ho ringraziato il dolore, la fragilità, la paura, il silenzio e la delusione più e più volte.

Senza averle ascoltate non sarei qui oggi, a fare quel che amo nel modo che preferisco.

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